martedì, Dicembre 3, 2024
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Sedicesima edizione del Grande Fratello: una casa nelle nostre case

Lunedì 8 Aprile Barbara D’Urso entrerà nelle nostre case con la sedicesima edizione del Grande Fratello.

Una casa nella casa, una sorta di scatola magica che stupisce con la prevedibilità dell’ imprevisto.

Un format che attende l’inatteso, con la consapevolezza che “dovrà” avvenire perché l’ “occhio onnipresente” possa fare il suo gioco.

Il Grande Fratello è un fenomeno sociale e televisivo che richiama complesse dinamiche psicologiche “appannate” da un’apparente superficialità.

E’ un indicatore immediato dell’ “umore” del popolo; uno spaccato di società che rappresenta, ahimè, una dimensione storica culturale generalizzabile.

Consente, a chi si sente distante da certe dinamiche, di proiettare su un personaggio pubblico, aspetti del sé che respinge.

Sminuiamo l’interesse per questo format che, tuttavia, si assicura uno share senza pari. 

Additare qualcuno o un comportamento promuove un forviante meccanismo di negazione di realtà che, sempre di più, entrano a far parte della nostra forma mentis.

Ne resterà uno solo

Altra dinamica da non sottovalutare, che il Grande Fratello amplifica all’ennesima potenza, è la competizione che sostiene il feroce gioco di “mors tua, vita mea”.

Una strategia che, in ambiti professionali conduce inevitabilmente all’estremizzazione di due scelte operative: denigrare l’altro per emergere o, nella migliore delle ipotesi, lavorare su se stessi per migliorare e raggiungere una posizione di rilievo.

Subdolo, nel format televisivo, è incessante competizione rispetto ad un esibizionismo che si basa più sullo “scalpore” che sulle “competenze”.

Come “pedine” apparentemente estranee al meccanismo, crollano in seguito ad un processo “esterno” di eliminazione.

Una versione grottesca dei 10 piccoli indiani di Agatha Christie che, uno ad uno, sono costretti ad uscire di scena per il sadico intervento di un giustiziere: il pubblico.

Uno zoo umano

La curiosità morbosa di osservare senza esser visti non necessariamente appartiene al “sordido” mondo del voyerismo.

Negli anni tra il 1877 ed il 1912 al Jardin zoologique d’acclimatation sono state allestite oltre 30 mostre etnologiche; veri e propri zoo umani di etnie diverse da quelle occidentali (in particolare samoani e nubiani) di cui si osservavano reazioni e comportamenti nel quotidiano.

Un interesse scientifico con effetti collaterali

Il clamoroso interesse nei confronti dei nostri simili in condizioni di “cattività” ha, comunque, avuto una ricaduta “puramente scientifica”.

Nel 1974 WilliamGriffitt e Russell Veitch, psicologi statunitensi, hanno allestito un esperimento in un rifugio antiatomico in cui 13 persone erano costrette a condizioni di sopravvivenza estrema.

Ancor più “drammatiche” le conseguenze dell’esperimento di Zimbardo; 24 studenti, non addestrati sulle procedure, furono assegnate casualmente al ruolo di detenuti e guardie e collocati in una prigione allestita ad hoc.

Nonostante fossero consci di essere “cavie osservate”, l’aderenza ai ruoli fu drastica, tale da produrre conseguenze fisiche e psicologiche eclatanti.

Chiedere è lecito, rispondere è pericoloso

Ci chiediamo, pertanto, quanti e quali siano i limiti etici comportamentali che una persona, in condizioni particolari, siano disposti a svilire?

Se il sesso in TV è “calamita” efficace per l’attenzione del pubblico, quanto si è disposti a concedersi tradendo un’intimità normalmente preservata nel privato?

Nel 1984, George Orwell ispira e concretizza la dimensione televisiva del Grande Fratello in cui 16 concorrenti olandesi dovevano affrontare prove particolarmente difficili. Strategie “seducenti” di montaggio erano state adottate per assicurare e cristallizzare l’attenzione del pubblico.

Ora è doveroso chiederci:

Le cavie siamo noi spettatori, sottoposti a variabili magistralmente studiate, o i partecipanti, consapevoli, di essere soggetti alla sadica lente d’ingrandimento dell’osservatore?

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