A Cosenza, bambino di tre anni che passeggia per strada; si avvicina ad un passeggino e viene allontanato con un calcio nell’addome.
Triste ammettere che alla domanda “come si può usare violenza contro un bambino di 3 anni?” si può solo rispondere con un cenno del capo. Tralasciamo il colore, il paese in cui si verifica, le identità dell’accaduto; non sono fondamentali i particolari, quando la vittima è un bambino. Per sua natura e per il breve tempo trascorso sulla terra, un cucciolo di uomo di appena 3 anni, non ha colpe, né capacità di giustificare un atto così vile.
Succede a Cosenza, martedì scorso. Un bambino si avvicina al passeggino di un neonato; gesto spontaneo di amorevole curiosità. Quel che proprio non si aspettava è di ricevere un calcio in pieno addome.
Saranno state poche manciate di secondi in cui il bimbo “esploratore” si sarà chiesto:
Per cosa sono stato punito? Perché mi ha fatto tanto male?
Solo pochi secondi e la sua vita sarà cambiata irrimediabilmente; avrà realizzato che il dolore non si infligge senza volerlo, ma con la chiara intenzione di ferire.
Cosenza, un giorno qualunque
A soli 3 anni dovrà imparare che esiste un termine più complicato di quanto lui possa comprendere:
RAZZISMO.
Deve interiorizzare che, da quel momento in poi, lui ne è una potenziale vittima.
Si, perché quel cucciolo di uomo è nero! Pensate un po’; semplici pigmenti della pelle distinguono un bambino dall’altro.
Il gesto infame, poi, è stato compiuto da un padre e questo lo rende ancora più ignobile. È stato, prontamente, denunciato da chi ha assistito alla scena. Verrà punito, ma non sarà abbastanza.
Per onor di cronaca il “nero” sta bene e il “bianco” sarà punito. Non è una partita di scacchi, ma la vita, amara e crudele, di un bimbo di colore di soli 3 anni.
foto copertina: foto repertorio