a cura di Marcello Rocco.
Vladimir Putin “vince” le elezioni in Russia con l’87,29%dei voti mentre i candidati-fantoccio si sono divisi il restante 12,71% delle preferenze.
Lo “zar” si conferma così alla presidenza della Russia per il terzo mandato consecutivo, il quinto in totale, senza contare la presidenza della controfigura Dmitrij Medvedev, succeduto a Putin nel 2008, quando ancora la costituzione russa impediva il terzo mandato consecutivo.
I tre candidati che gli hanno conteso, si fa per dire, la leadership: Nikolai Kharitonov, Leonid Slutsky, Vladisla Davankov sono stati selezionati direttamente da lui.
Estromessi dalla tornata elettorale l’ex giornalista, pacifista e outsider politica Yekaterina Dunstova e l’ex parlamentare Boris Nadezhdin che aveva raccolto attorno a se anche i sostenitori di Alexei Navalny. Quest’ultimo assassinato dal regime di Putin lo scorso 16 febbraio nella colonia penale n. 3 dell’Okrug autonomo di Yamalo-Nenets, a oltre 1.900 chilometri dalla capitale Mosca, al di là del Circolo polare artico.
Entrambi gli esclusi si erano schierati in maniera fortemente critica nei confronti dell’invasione dell’Ucraina parlando di “un errore fatale” e definendo Putin un uomo che: “Vede il mondo dal passato e sta trascinando la Russia nel passato”.
Elezioni contrassegnate da brogli, violenze e arresti
Le elezioni sono state contrassegnate da pesantissimi brogli, assoluta mancanza di segretezza del voto, come dimostrato da diversi filmati e da proteste in tutto il paese, represse con violenza e arresti.
Va altresì evidenziato il forte consenso del despota russo grazie alla sua mastodontica macchina della propaganda che gli garantisce un controllo quasi assoluto non solo su tutti i mass media convenzionali ma anche sui social network e Internet.
Un esito scontato dunque che consente al dittatore russo di affermare con ancora più forza che la totalità del popolo russo sostiene le sue scelte a cominciare dalla guerra di aggressione dell’Ucraina.
Il quadro geopolitico mondiale è a dir poco preoccupante
Ci sarebbe tanto da dire circa l’ipocrisia oltre gli errori commessi dall’occidente, in primis gli Stati Uniti, prima dell’invasione dello Stato ucraino, che hanno consentito a Putin di mettere in pratica la sua politica imperialista in Africa, Medio Oriente e successivamente in Europa.
Sobbalzano alla mente le previsioni, a dir poco sbagliate, di quello che doveva essere il crollo dell’economia russa a seguito delle sanzioni economiche imposte alla Federazione russa dai Paesi occidentali.
Inoltre la politica espansionista della Nato ad est ha finito per consentire al dittatore russo di alimentare la sua retorica dell’accerchiamento della Russia, un tema, questo, molto sentito dal popolo russo.
Infine il silenzio delle democrazie occidentali all’indomani dell’occupazione della Crimea, finì per far credere a Putin di essere invincibile.
Oggi un pericolo maggiore si affaccia all’orizzonte: la possibile vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane, il prossimo novembre, con le possibili ricadute sul conflitto russo-ucraino, viste le intenzioni del “tycoon” di abbandonare l’Ucraina al proprio destino e i progetti di smantellamento della Nato.