sabato, Luglio 27, 2024
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La rabbia e i suoi antenati: come gestire il suo potere distruttivo

Mi fai arrabbiare!

Frase apparentemente banale e diretta ma che nasconde un mondo interiore che ha poco a che fare con il preciso istante in cui la pronunci.

Ogni volta c’è una motivazione la cui validità è, quasi nella sua interezza, legata ad un evento o un comportamento che siamo “costretti” a subire”.

Quando la causa scatenante dei nostri incontenibili attacchi di ira viene meno, il sentimento così spiacevolmente intenso permane. Si innescano, così, un serie di strategie “proiettive” per cui l’”altrove” diviene il nostro pungiball emotivo su cui scaricare tutta la negatività

Nonostante tutto l’impegno nel riversare il nostro vaso di pandora su di esso, il risultato è quasi impercettibile. Restiamo agitati, insoddisfatti, frustrati.


Quel vortice senza apparente via d’uscita

Il vortice diviene sempre più distruttivo e costrittivo fino a coinvolgere ogni particella del nostro essere. Qui interviene un inconscio oberato di lavoro e responsabilità; inizia, pertanto, a distribuire un po’ delle sue incombenze ed il nostro corpo è il primo a rispondere all’appello.

Invia alla nostra indole, ostinata e volutamente distratta, una serie di segnali che, se ignorati, si intensificano. Emicranie, battito cardiaco accelerato, dolorini sparsi, stomaco in subbuglio.

E noi? Testardi e ancora arrabbiati continuiamo a proiettare: visite specialistiche, esami approfonditi e… sorpresa!!! Siamo sani come non mai. Allora sarà lo stress! (primo flebile campanellino d’allarme).

Ci concediamo una vacanza, cambiamo il taglio dei capelli, ci dedichiamo allo shopping selvaggio, smettiamo di chiamare quell’amica molesta che ha il brutto vizio di dire sempre la verità.

La serenità sembra affacciarsi tra le nostre lenzuola nuove, color pastello. Poi ci alziamo dal letto, bruciamo il caffè e … la tazza vola contro la parete con una rabbia che addirittura ci sorprende!

S.O.S. psicoterapia!

“Chiamo quel tizio di cui mi parlava mio cognato. Come si chiamava? Ah si, Mario Rossi, dottore in psicologia e psicoterapia.

Non sarà uno sciamano ma, chissà, magari il mio medico di base ha ragione quando insiste che la mia emicrania ha origine psicologica!

Il dott. Rossi mi apre la porta e con essa un mondo a me sconosciuto: me stesso.

A ritroso nel tempo

Scopro che la mia rabbia è legata a sentimenti di insoddisfazione reconditi.

Con molta fatica torno indietro nel tempo, esploro quel labirinto intricato che appesantisce la mia testa.

Incontro il dolore dei desideri frustrati. Mi imbatto nella persona che sarei voluta essere e che è rimasta incastrata tra le trame di negatività, delusione, noia e sofferenza non elaborata.

Ed io che speravo che un antidolorifico avrebbe risolto i miei patemi!

Tanti, troppi passi indietro. Raggiungo me stesso bambino e mi ritrovo ad essere, troppo spesso, sminuito, criticato, ignorato o caricato di ansie ed ambizioni eccessive.

Proseguo e mi imbatto in un bivio senza alcuna indicazione sulla direzione da prendere tranne un cartello sibillino che mi chiede di scegliere tra aggressività o passività.

Lo stregatto mi guarda sornione e mi spiega che posso scegliere di lanciare sassi contro qualsiasi cosa mi capiti a tiro o accettare che i miei desideri smettano di farmi smaniare.

Mi impongo con la rabbia o accetto passivamente di non valere abbastanza per chiedere alla vita di essere felice?

Entrambe le soluzioni mi porteranno incontro ad una rabbia incontenibile ed incontrollabile”.

Il passato ci segue e ci anticipa

Questo episodio cruciale è rimosso, resta comunque emblematico per rispondere ad un po’ dei nostri dilemmi interiori.

Le nostre esperienze passate ci hanno, inconsapevolmente, condotto ai nostri passi attuali.

Ogni nostra reazione è dettata da mandati relazionali lontani nel tempo, dagli avvenimenti che hanno puntellato la nostra storia. Il concatenarsi complesso di una serie di fattori interni ed esterni ci hanno resi quello che siamo ora.

Ora disponiamo di una ricetta fondamentale per fare un impasto che sia soffice ma non cedevole, profumato ma non melenso. Dobbiamo solo decidere cosa farne.

Uno dei passi fondamentali, dopo aver riconosciuto la fonte interna della nostra rabbia, è lavorare sulla nostra autostima.

Un punto di “arrivo” che presuppone una mappa impegnativa per arrivarci.

Consigli utili per essere padroni delle nostre emozioni

Occorre:

riconoscere ed elaborare le nostre antiche “mancanze”;

liberarsi dal peso delle responsabilità di tutte quelle sofferenze che hanno minato la nostra infanzia;

perdonare se stessi e gli altri, nella consapevolezza che chi ha “sbagliato” è a sua volta vittima delle sue “mancanze” non elaborate;

riconoscere e “pesare” i nostri bisogni nel più ampio progetto di vita;

capire che un atteggiamento “suscitato” dall’altro ha più a che fare con la nostra realtà interna che con la persona “bersaglio”;

utilizzare queste informazioni per consolidare il nostro percorso di autoconoscenza;

non tentare di modificare il comportamento altrui ma lavorare sul nostro, consapevoli che nel mutarlo otterremo dei cambiamenti anche nel nostro interlocutore;

migliorare il nostro stile comunicativo se ci accorgiamo di non essere compresi;

essere centrati su sentimenti personali e non su ciò che riteniamo “oggettivamente giusto”;

riconoscere le difese disfunzionali e “depotenziarle”;

urlare a gran voce il nostro nome e sorprenderci nel cogliere, nella nostra voce, assertività e non rabbia!!!

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