sabato, Ottobre 5, 2024
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Una nuova conquista scientifica: il cervello che sopravvive alla morte

L’attività neuronale non si spegne con la morte; oggi, grazie ad un dispositivo innovativo, è possibile riattivare le connessioni sinaptiche.

Non ci sono limiti al progresso, nemmeno quelli dettati dal ciclo di vita.

Si è soliti pensare che ogni parte del nostro corpo, se non opportunamente trapiantate, muore con noi.

C’è chi preferisce incamminarsi integro verso qualsiasi cosa attenda la vita ultraterrena; altri optano per la donazione degli organi nella speranza che un frammento di noi sopravviva alla morte.

Il pensiero che sopravvive alla morte

Nature, una delle più rinomate riviste scientifiche, riporta in copertina una notizia che può rincuorare i “progressisti” ed inquietare i “conservatori”.

Che l’anima lasci il corpo dopo la morte per intraprendere il cammino a cui è destinata è certezza di molti; tuttavia dinanzi alla possibilità che anche il cervello possa conservare la sua attività gli scettici resterebbero a bocca aperta.

Non è un delirio di onnipotenza che sfugge al controllo, ma un’opportunità della ricerca di consolidare un metodo per una più efficace conservazione degli organi trapiantabili.

Nel contempo sarebbe un innegabile passo avanti nell’individuazione di terapie alternative ed innovative in caso di danno cerebrale.

La ricerca non conosce ostacoli

Sinora ogni progresso è stato testato sui maiali dal team di ricercatori dell’Università Yale; sono stati in grado, sotto la guida esperta di Nenad Sestan, di ripristinarne la circolazione sanguigna e le funzioni cellulari a distanza di ore da un arresto circolatorio.

Tra i pionieri di questa grandiosa scoperta, l’italiana Francesca Talpo.

Vittime eroiche immolate per il progresso, 32 suini provenienti da macelli; sui loro cervelli è stato testato uno strumento noto come BrainEx, concepito e finanziato dal progetto Brain Initiative della National Institutes of Health (Nih).

Il suo funzionamento prevede l’adozione di BEx perfusato, una soluzione che sostituisce il liquido ematico e irrora nelle arterie principali a temperatura ambiente. La sostanza è data da un mix di sostanze protettive, stabilizzanti e agenti di contrasto ed è in grado di ripristinare le connessioni sinaptiche ed alcune funzioni cerebrali.

In ogni caso consente una prolungata conservazione degli organi rispetto alle tecniche “classiche”.  

Le conseguenze sarebbero eclatanti: la riduzione della “morte” cellulare e un minor rischio di alterazione della loro struttura, come avviene in caso di congelamento.

Una tecnologia innovativa al servizio dell’umanità

Andrea Beckel-Mitchener, della Brain Initiative afferma che

“la nuova tecnologia ci apre nuove opportunità per esaminare cellule complesse, circuiti e funzioni che si perdono quando il tessuto cerebrale è conservato in modo tradizionale.

Potrebbe inoltre aiutare a sviluppare nuove tecniche di intervento per recuperare il cervello dopo l’interruzione dell’irrorazione sanguigna, come accade durante un attacco di cuore”.  

Ora mi chiedo, se questa sostanza “miracolosa” fosse irrorata nei cervelli di persone in vita, sarebbe in grado di debellare il gene dell’ “ozio cerebrale”?

Una delle più insidiose piaghe dell’umanità, la stupidità, potrebbe essere un ricordo lontano … ma questa è pura fantascienza!!!

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