Ricorre alla fine degli anni ’80, precisamente nel 1870, un bisogno di riconoscere, in tutto il territorio internazionale, una ricorrenza condivisa in cui omaggiare la figura femminile.
Negli archivi storici della rivista “La Donna”, è custodita un’epistola dell’attivista e poetessa statunitense Giulia Ward Howe destinata alla direttrice Gualberta Alaide Beccari in cui esprimeva il desiderio di riconoscere ed omaggiare la donna nel suo impegno sociale.
La storia
Pare tuttavia, che l’8 marzo, data riconosciuta come festa tutta al femminile, possa risalire al 1949, anno in cui negli Stati Uniti, venne realizzata una “roboante” manifestazione in cui le donne rivendicavano i loro diritti politici e lavorativi. Altra ipotesi si lega all’immane tragedia newyorkese del 1908 in cui 129 operaie persero la vita perché impedite nella fuga; notizia sconcertante che sottolineava il sopruso di una categoria dai “fragili” diritti sociali, rinchiuse nella fabbrica Cottons, allo scopo di impedire loro la partecipazione ai tumulti sindacali che agitavano sul territorio.
Le lacune
Tuttavia l’episodio diffuso e condiviso, per la sua innegabile valenza simbolica, non trova preciso riscontro storico e pare possa essere, comunque, assimilato ad un’altra pietra miliare in questo tortuoso percorso storico-culturale;
Il 29 marzo del 1911, infatti, il giornale sindacale statunitense “Solidarity” riporta la potenza distruttiva di un incendio che miete le vite di 134 lavoratori, soprattutto donne, “rinchiusi” nei piani superiori della Triangle Shirt Waist Company, per costringerli ai loro “obblighi” lavorativi. A prescindere da motivazioni e origini storiche, è il 1910 che accoglie esplicitazione formale del Woman’s Day nella giornata dell’8 marzo, durante i lavori della II Conferenza internazionale delle donne socialiste con una mozione sancita come risolutiva.
La notizia fu diffusa dal giornale “Die Gleichheit”, diretto da Clara Zetkin: “In accordo con le organizzazioni di classe e sindacali del Proletariato, le donne socialiste di ogni nazione organizzano nei loro paesi ogni anno una giornata delle donne che in primo luogo serve come agitazione per il diritto di voto femminile. La richiesta deve essere considerata alla luce del suo rapporto con l’intera questione femminile espressa dalla concezione socialista. La giornata della donna deve avere un carattere internazionale e deve essere preparata con ogni cura”. Da quel momento in poi si impone la potenza di un emblema sociale che si veste di mito, evocazione storica per divenire tradizione.
L’eco delle donne che perdono la vita inneggiando all’innegabile diritto di essere il “peso” riconosciuto e condiviso di una società ostile e maschilista, che manifestano per i loro diritti negati, che ricordano al mondo di essere l’origine della vita, è tuttora presente; si perde tuttavia, ai giorni nostri, tra le trame “superficiali” di una festa che inizia e muore nel consumismo ostentato, nelle forme di isterica ostentazione che prendono una triste distanza dalle nobili origini di tale data. Del resto, oggi le donne lavorano, votano, godono del diritto alla parola e l’8 marzo riceveranno in omaggio, da Trenitalia, una caramella gelèe Caffarel al limone.