Quando c’è un limite alla necessità di avere un’opinione. Oggi questo limite assume tratti grotteschi e non esagero. Un argomento che, nell’era pre-social non ci lambiva neanche ad inciamparci con il muso, oggi diviene uno stimolo, anzi un impulso a disquisire. Era facile crogiolarci nella nostra beata ignoranza quando non era fondamentale che il mondo conoscesse il nostro pensiero.
Impugnavano il vessillo dell’umiltà intellettuale ed elegantemente ammettevamo “non è il mio ambito, non mi esprimo!”. Oggi, questo raptus da opinion leader della mutua ci costringe nel ruolo del virologo, dell’ingegnere nucleare, del metafisico, ma soprattutto dello psicologo. Eh si, oltre al nostro necessario supporto al mondo, come Atlante, con un braccio sosteniamo con l’ altro indichiamo la strada migliore per andare incontro alla felicità. Un lockdown che ha arricchito un po’ tutti. Nella migliore delle ipotesi, questo tempo “morto” è stato rivitalizzato con letture interessanti ed una puntuale informazione; nella peggiore, lo stesso spazio è colmato di una presunzione disarmante.
Lo era anche prima, ma almeno occorreva scrivere un libro o un articolo per beare il mondo con la nostra opinione; oggi basta un tablet ed un correttore automatico al quale, ahimè, sfuggono, gli orrori di grammatica e da ignoranza.