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Intervista a Giovanni Carullo autore del libro: “Gisa e Adalgisa – L’occhio del pavone”

a cura di Marcello Rocco.

Per Stylise Magazine abbiamo intervistato Giovanni Carullo, autore del libro: “Gisa e Adalgisa – L’occhio del pavone”.

Romanzo edito da Montag nella collana “Le Fenici”.

Un excursus tra presente e passato che porterà il lettore a viaggiare, nel tempo e nello spazio, immergendosi totalmente in uno scenario che saprà andare dal mondo reale a quello fantastico.

Mille anni di distanza. Due storie parallele. Un anello e due amori complicati.

Giovanni Carullo, dagli studi in sociologia alla passione per la scrittura

Nato ad Avellino nel 1965, laureato specialistico in Sociologia con 110 e lode presso l’Università degli studi di Urbino. Dopo aver conseguito un Master in Diritto Sanitario nel 2007 e nel 2013 ha seguito un corso di perfezionamento in Diritto del Lavoro. Dirigente Pubblico, appassionato cinofilo, condivide la sua vita con 5 cani di Terranova.

Nel corso degli anni, ha vinto numerosi riconoscimenti letterari per racconti brevi, come il Premio Kriterion e Premio Margherita Yourcenar 2004. Da un suo racconto è stato tratto un cortometraggio a seguito della vittoria del Premio Energheia.

Nel 2022 ha pubblicato il suo racconto lungo “La bocca del Dragone“, che è un atto di omaggio per l’Irpinia, sua terra natia, palcoscenico che vede protagonista un giovane cronista alla ricerca della verità per un terribile fatto di sangue. La sua raccolta di racconti “Non è vero, Nora?” è invece una raccolta museale di donne sofferenti, tutte alla ricerca del proprio riscatto per una esistenza che le ha provate nell’intimo. Il racconto “Il nastro rosa” ha invece vinto il premio Fara Editore 2023.

Nel 2024 pubblica “Gisa e Adalgisa – L’occhio del pavone”, dove riprendono le avventure del cronista irpino e un mistero a lui contemporaneo si intreccia con la grande storia del passato.

Intervista a Giovanni Carullo

Come nasce la sua passione per la scrittura?

La scrittura è una esperienza che matura lentamente, ma che si può considerare presente fin dall’inizio. Ovviamente la mia è cominciata come una esperienza di tipo fotografico, nel senso che a partire dalla mia adolescenza ho cominciato ad impressionare sulla carta sensazioni, incipit di romanzi mai conclusi, poesie e ricordi. 

Solo successivamente, e forse con colpevole ritardo, ho dato una veste organica alla mia passione, in concomitanza con un corso di scrittura creativa che seguivo presso la Feltrinelli di Napoli. A partire dai lavori del laboratorio, cominciai con qualche soddisfazione a partecipare ai primi concorsi letterari, poi venne alla luce il primo piccolo romanzo. Intanto mi scoprivo sempre più attento a guardare tutto quello che mi circondava, a rielaborare i miei ricordi di infanzia, a scoprire ogni volta nuovi particolari.

“Gisa e Adalgisa – L’occhio del pavone” porta il lettore a compiere un viaggio che potremmo definire mistico, tra passato e presente, attraversando scenari storici, attuali e fantastici. Questo cammino nasce da un suo percorso interiore?

Il viaggio verso cui indirizzo il mio ultimo romanzo è un viaggio multilivello, sul piano geografico, storico, temporale. Un viaggio in cui il lettore è sfidato ad interrogarsi su diversi tipi di rapporto, che sono sempre rapporti di potere, Chiesa e popolo, uomo e donna, fanatismo e razionalità. E comunque in ogni epoca è sempre evidenziato il rapporto con l’elemento soprannaturale, dalla Vipera a due teste, alla Grotta di San Michele, alle riunioni segrete della Confraternita. È vero, il misticismo è un terreno di indagine che mi affascina e che ritengo indispensabile analizzare per comprendere passato, presente e futuro. Se poi riguarda il mio percorso interiore non so ancora dirlo, magari lo scoprirò alla fine della strada. 

Ultimamente con la lettura del Corano e diversi libri sulla vita del Profeta Maometto, sto dedicando particolare attenzione ad una dimensione, quella dell’Islam, che magari darà frutti in un prossimo libro.

Ricorrono spesso nei suoi lavori letterari riferimenti alla Provincia di Avellino. Quanto ha influito ed influisce il suo radicamento territoriale alla stesura dei suoi libri?

È un riferimento imprescindibile, dopo “La Bocca del Dragone” ambientato a Volturara, ora mi concentro su Forino, due ambienti che hanno una cosa in comune, a cui ho prestato attenzione solo dopo aver finito il libro: in entrambi i casi sono presenti volumi carsici, in cui l’acqua si raccoglie e precipita. E l’acqua è uno degli elementi fondamentali della Verde Irpinia, terra di passaggio di uomini ed eserciti, terra di conquiste e di battaglie, terra da cui si fugge e dove si ritorna. C’è tanto da raccontare, basta fermarsi e guardarsi intorno. Dietro ogni chiesa, ogni tradizione, ogni santo, ogni celebrazione c’è una storia che aspetta di essere raccontata.

Questo ultimo romanzo, al pari di altri suoi lavori, induce il lettore a riflettere anche su diverse tematiche di stringente attualità. Pensa che questo aspetto, vista la direzione che l’odierna società sta prendendo, possa rappresentare un punto di forza o di debolezza?

La tematica su cui invito il lettore a riflettere è quella del potere. Siamo tutti soggetto-oggetto di potere. Tutti dobbiamo imparare a difenderci dal nostro possibile potere, evitando di soggiogare qualcuno, ma tutti dobbiamo imparare a difenderci dal potere che ci sovrasta. E la migliore difesa è la conoscenza. Lo studio, l’approfondimento, come ha fatto Adalgisa, ma come anche Gisa ci insegna.

Il nostro intento è quello di incuriosire il pubblico cercando di evitare spoiler, possiamo però svelare ai nostri lettori e lettrici una parte di questo volume al quale si sente particolarmente legato ed il perché?

C’è un momento idilliaco, quello in cui Gisa e la sua Roslinda finalmente vivono in pace, accudendo la bambina, in cui nessuno si cura della loro presenza, coltivano un orto per sopravvivere, allevano qualche animale. Si percepisce un cielo azzurro e una pace assoluta, che ancora oggi chi si avventura nei pressi della Chiesa di San Nicola, può provare.

È l’atmosfera che prelude all’arrivo di Amalongo e dei guerrieri longobardi. È la conferma della fragilità della pace. Un messaggio mai così attuale.

Ha un consiglio da dare a chi vorrebbe iniziare a scrivere, magari un/a giovane, che però non sa da dove partire?

La peggiore paura è quella del foglio bianco. Ma una volta che si supera quella, tutto viene di conseguenza. È come rimuovere un sasso che blocca lo scorrere di un fiume. Del resto abbiamo già tutto dentro. Senza trascurare gli effetti liberatori della scrittura. Tutti abbiamo qualcosa da dire. Per partire un buon corso di scrittura creativa, ma non è fondamentale, l’importante è non perdere mai l’allenamento, come nello sport.

 

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